A Ventotene summit Italia-Francia-Germania: L’Europa post Brexit è da rifondare

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Si incontrano su una nave da guerra. Proprio come fecero settantacinque anni fa Churchill e Roosevelt nell’agosto del ’41 quando, nel momento dell’apparente trionfo nazista, vararono la Carta atlantica e misero le basi del futuro ordine mondiale. Ma la portaerei Garibaldi ancorata davanti all’isola simbolo di Ventotene non sarà la Prince of Wales dell’Europa. Né Merkel, Hollande e Renzi sembrano avere il coraggio politico e la lungimiranza intellettuale per gettare il cuore oltre i molti ostacoli che oggi minacciano l’Unione, indicando fin da ora quale sarà il volto dell’Europa post-Brexit.

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E tuttavia il senso profondo del vertice tripartito di oggi è il medesimo: mandare a tutti un segnale chiaro dell’ostinata determinazione ad andare avanti, a mantenere vivo il sogno e il progetto europeo che a Ventotene ha visto la luce. Non ci saranno proclami solenni. Non ci sarà un equivalente europeo della Carta atlantica che definisca i pilastri del futuro ordine da costruire. Non ancora. L’incontro odierno è solo un passaggio nel processo incominciato nel giugno scorso a Berlino e che si dovrà concludere a Roma nel marzo 2017, nel sessantesimo anniversario dei Trattati europei. Però il solo fatto di incontrarsi sulle coste dell’isola che vide la nascita del manifesto federalista conferma che i tre grandi Paesi rimasti nella Ue sono determinati a proseguire insieme, a confermare l’esistenza di quel destino comune che i britannici hanno rinnegato. Con i tempi che corrono, non è poco.

Naturalmente i tre leader arrivano all’appuntamento con aspettative e esigenze diverse. Matteo Renzi, che è il regista dell'”operazione Ventotene”, può confermare l’inserimento dell’Italia nella triade della leadership europea. Inserimento che però non è tanto il frutto di una crescita del nostro Paese, quanto della volontaria uscita di scena della Gran Bretagna, che della triade era parte integrante. Il premier italiano è l’unico che si presenti all’incontro con una visione politica nettamente orientata al futuro. L’unico che ha capito con chiarezza e per primo che l’Europa può salvarsi solo con un colpo di reni, con l’individuazione di un nuovo messaggio di speranza da inviare ai suoi cittadini delusi dalle difficoltà della fase economica e spaventati dalle minacce convergenti del terrorismo e dello tsunami migratorio.

Le crisi riunite a Ventotene di EZIO MAURO

Purtroppo però, ancora una volta, i suoi argomenti sono minati dalla fragilità del sistema Italia: un Paese che da anni non riesce ad agganciare il treno della ripresa per l’inefficienza delle proprie strutture di governance e che è costretto a negoziare con Bruxelles eccezioni a raffica alle regole di bilancio, non ha propriamente le carte in regola per dettare agli altri la linea. Anche se si tratta della linea più intelligente.

Il povero Hollande si presenta a Ventotene nella posizione peggiore. La sua sconfitta alle presidenziali della primavera prossima è una delle poche certezze del panorama politico europeo. L’unica incognita è se lascerà l’Eliseo ad un rappresentante della destra costituzionale o se affonderà la Quinta Repubblica consegnandola nelle mani della Le Pen. Può anche condividere la visione di Renzi. Ma non può dimenticare che tutti i possibili terreni su cui si dovrà edificare l’Europa del futuro, dall’immigrazione alla difesa alla creazione di una polizia federale europea, mettono in crisi la visione sovranista che è iscritta nel Dna di politica e opinione pubblica francese.

Conversazione con Renzi sul manifesto europeo di Ventotene di EUGENIO SCALFARI

Quanto ad Angela Merkel, vede in Ventotene solo una tappa dell’estenuante gioco di mediazione in cui è impegnata per impedire che l’Europa si sfasci del tutto. Dopo Hollande e Renzi, incontrerà i riottosi leader dell’Europa orientale, ormai da tempo sulle barricate del populismo anti- europeo. La cancelliera, che tra poco più di un anno dovrà affrontare nuove elezioni, è profondamente convinta che questo non sia il momento per varare iniziative clamorose di rilancio dell’integrazione europea. A meno di non voler pagare il prezzo di nuove scissioni e divisioni che manderebbero in pezzi la Ue. Ma si rende anche conto che la rifondazione chiesta a gran voce da Renzi è una necessità reale, che non può essere ignorata. La sua presenza sulla Garibaldi è un segnale di questa consapevolezza. Ma servirà anche a ribadire che sarà la Germania a scegliere tempi e modi. E che lo farà, in ogni caso, non prima delle prossime elezioni tedesche.

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