Acqualatina, così espropriarono i Comuni. Le carte nascoste del mutuo Depfa Bank (da “il Caffè TV”)

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Riportare in mani totalmente pubbliche il servizio idrico attualmente gestito da Acqualatina sarà una fatica immane per i Sindaci che hanno deciso di intraprendere questa strada: soprattutto per quelli che si trovano il pegno sulle loro azioni costituito dai loro predecessori a favore della Depfa Bank in cambio di un finanziamento da 114,5 milioni di euro. La fatica comunque sarà ben maggiore per chi vorrà mantenere l’intera vicenda maldestramente nascosta dietro l’incomprensibilità degli atti sottoscritti con quel contratto di mutuo: tutta roba che solo pochissimi addetti ai lavori sono in grado di comprendere. Troppe infatti le ‘trappole’ e i ‘trucchi’ che sostengono la più pericolosa operazione di finanza speculativa mai compiuta dalle nostre parti e, se non ora, prima o poi il castello di carta sul quale si poggia è destinato comunque a crollare su se stesso. E allora, qualcuno si chiede, perché non cogliere l’occasione adesso, visto che è stata interessata di nuovo la Corte dei Conti?

QUEI PEGNI A LONDRA
Sullo scorso numero del Caffè abbiamo dato conto della recentissima sentenza del Consiglio di Stato sui ricorsi presentati dai Comuni di Aprilia (un’altra riguarda il Comune di Bassiano). Quelle sentenze potrebbero riaprire la partita sul fronte del danno erariale, cioè alle casse pubbliche. Su eventuali risvolti penali si vedrà. La prima cosa da verificare sono le date e i vincoli contenuti sia nel contratto di finanziamento che negli atti di costituzione dei pegni, le garanzie addossate ai Comuni a favore della banca. Il contratto sottoscritto a Londra il 23 maggio 2007 (dopo un “prestito ponte” di 35 milioni l’anno precedente) dice espressamente che il finanziamento in project financing doveva essere subordinato alla costituzione di due pegni. Il primo riguardava il 49% delle azioni del socio privato Idrolatina ed è stato sottoscritto, sempre a Londra, in data 12 giugno dello stesso anno, cioè tre settimane dopo la firma del contratto di finanziamento. Mentre il secondo pegno, sottoscritto dai 10 Comuni (tutti guidati all’epoca dal centro destra) che hanno garantito alla banca il controllo sul 24,83% delle azioni in mano pubblica, invece è stato costituito il 19 dicembre 2008 e perfezionato dalla Depfa il 26 gennaio 2009.

BANCA “PADRONA”
In tal modo è stata consegnata a tale banca (oggi di proprietà del governo tedesco) una garanzia su oltre i due terzi del capitale sociale. In ultima analisi questa garanzia le consente, ove lo ritenga opportuno e in base alla normativa italiana sulle SpA, di sostituirsi ai soci di Acqualatina in assemblea per votare ciò che vuole. E può farlo anche contro gli interessi di quei Comuni che non hanno mai sottoscritto l’atto di pegno. È tutto da verificare, quindi, se e quanto questo fatto limiti la libertà di scelta di ogni Sindaco nella Conferenza dei Sindaci dell’àmbito idrico, l’organo deputato a fare le scelte strategiche su acquedotti, depuratori, bollette ecc. Sempre in base agli accordi sottoscritti il 23 maggio 2007 dall’allora Amministratore Delegato di Acqualatina Silvano Morandi, l’atto di pegno da parte dei Comuni doveva essere sottoscritto prima che la società cominciasse a spendere i soldi del finanziamento concesso da Depfa (il cosiddetto “tiraggio” iniziale). Ma questo fatto, stando ai bilanci 2007 e 2008 della società, non è avvenuto: dal rendiconto del 2008 infatti risultavano già impegnati circa 83 milioni dei 114,5 complessivi concessi con il finanziamento. Inoltre, la Conferenza dei Sindaci ha approvato quel contratto, che gravava pesantemente sulla tariffa, solo un anno e mezzo dopo di quando era stato sottoscritto (deliberazione n. 8 del 22/12/2008). Il punto, dunque, è questo: chi aveva dato l’autorizzazione all’allora Amministratore Delegato di Acqualatina Silvano Morandi per impegnare il 23 maggio 2007, non solo le azioni del socio privato (Idrolatina Srl), ma anche quelli dei soci pubblici? Nessuno.

Con la scusa degli investimenti…
Dei 114,5 milioni di euro concessi dalla Depfa Bank ad Acqualatina nel 2007, circa 44 se ne sono andati subito per rimborsare precedenti finanziamenti ricevuti dalla società: tra questi c’era il “prestito ponte” di 35 milioni concesso dalla stessa Depfa nel 2006.
Il pegno con cui i Sindaci hanno inguaiato i Comuni di Acqualatina

Da anni il Caffè racconta l’operazione mutuo Depfa e avverte sulle sue possibili conseguenze, venute ufficialmente alla luce solo adesso, poiché è cambiata la maggioranza politica all’interno della Conferenza dei Sindaci dell’àmbito idrico.
Qui entriamo nei dettagli dell’atto di pegno e, se vogliamo, la vicenda diventa ancora più inquietante. C’è scritto infatti che i Comuni sottoscrittori “prendono atto del conflitto di interessi” che la Depfa Banl aveva ed ha nel triplo ruolo di Agente, Banca Finanziatrice e Creditore Garantito, con la possibilità di stipulare contratti finanziari sostanzialmente con se stessa. I diritti di pegno inoltre ricoprono anche: 1) I beni e i diritti ricevuti, oltre alle somme di denaro o pagamenti in natura che i soci costituenti il pegno (i Comuni) otterrebbero dalla vendita delle azioni; 2) Il risarcimento di danni e altri oneri e rimborsi a vantaggio dei medesimi soci costituenti il pegno; 3) Costi, imposte, tasse, spese legali e oneri sostenuti dal Creditore in connessione alle somme agli impegni contrattualizzati; 4) I pagamenti dovuti a seguito della sospensione o della revoca del finanziamento. Tutto questo non andava e non va riportato nei bilanci dei rispettivi Comuni, visto che il pegno andava iscritto nel bilancio di Acqualatina? Secondo alcuni pareri legali acquisiti dalla stessa banca sembrerebbe di no. Ma visto che il Consiglio di Stato ha inviato gli atti alla Corte dei Conti, qualche serio dubbio emerge…
Le azioni di proprietà dei Comuni inoltre, si trovano presso le rispettive casseforti? No. Risultano depositate presso la Banca Intesa San Paolo SpA, in Via del Corso 226 a Roma, sempre a garanzia della Depfa quale Creditore Garantito. Se questo non bastasse, sempre in base all’atto di pegno, i Comuni che lo hanno sottoscritto devono ricevere il consenso preventivo della banca, ad esempio, quando vogliono incrementare le loro quote azionarie in seno alla società (come nel caso della ripubblicizzazione della gestione). Cioè per riprendersi l’intera gestione, devono chiedere alla Depfa! Viceversa gli stessi Comuni hanno l’obbligo di non far scendere sotto il 17,7% la quota delle azioni pubbliche costituite in pegno (così la banca scenderebbe sotto i 2/3 del capitale sociale controllato e non potrebbe far valere la sua volontà in assemblea). I Sindaci interessati, infine, non possono esprimere voti contrari su deliberazioni che riguardano, tra l’altro, obbligazioni e strumenti finanziari (anche i pericolosi e speculativi titoli derivati). Non hanno il diritto di votare in alcuna assemblea alle voci “varie ed eventuali” e devono astenersi dall’intraprendere qualunque azione che determini la liquidazione o l’insolvenza di Acqualatina. A parte i ‘soliti’ Sindaci di Bassiano, Formia e pochissimi altri, tutti questi impegni sono stati ‘ratificati’ il 22/12/2008 da 20 Sindaci, compresi quelli di Latina (Mario Taglialatela delegato da Zaccheo), Cisterna (Di Candilo delegato da Carturan), Aprilia (G. Forcina), Sabaudia (E. Ceci delegato da Lucci), Terracina (L. Masella per Nardi), S. Felice, Rocca Massima ecc. senza che alcuno desse retta ai sistematici allarmi lanciati dai Comitati per l’acqua pubblica e dalle nostre inchieste giornalistiche. Sarà una fatica per tutti la ripubblicizzazione o meno dell’acqua, ma almeno adesso sarà chiaro chi starà effettivamente dalla parte dei cittadini.

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