DICE PINO SIMEONE A NICOLA ZINGARETTI CHE DEVE FAR PRESTO A PROPOSITO DELLA VACCINAZIONE CONTRO LA MENINGITE

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DICE PINO SIMEONE A NICOLA ZINGARETTI CHE DEVE FAR PRESTO A PROPOSITO DELLA VACCINAZIONE CONTRO LA MENINGITE

“affinché dia risposte immediate e tempestive ai tanti genitori preoccupati per la vita dei propri bimbi…. una psicosi che sta offrendo il fianco a facili, quanto insensate, strumentalizzazioni e che sono convinto, in qualità di rappresentanti delle istituzioni, abbiamo il dovere di contenere agendo con determinazione”. Ciao Pino, questo è un classico esempio di come si usi la vaccinazione, qualsiasi, a mo di potente ansiolitico. Nel Lazio non ci sono stati casi a ripetizione come in Toscana (ed è ancora tutta da chiarire la ragione di tale endemia). Quando circola il batterio o il virus di qualsiasi malattia, l’uso del vaccino va ponderato al massimo perchè rischia di aggiungersi in organismi già interessati dall’agente vero. Dunque se si decide di rendere obbligatoria la vaccinazione nei bambini piccoli (come già fatto in Emilia Romagna e Toscana) la corsa contro il tempo è perfettamente inutile perchè i risultati, ammesso che ci siano endemie, si otterranno nel tempo. Quando ci fu il colera a Napoli, non mi sottoposi a vaccinazione tant’è che mia suocera non voleva che vedessi la figlia poi mia moglie. Intanto, a Formia, tutti a vaccinarsi; arrivarono perfino gli americani della base NATO di Gaeta per vaccinare con un aggeggio a mò di pistola. Naturalmente, a Formia, nessuno contrasse il colera. E così Edoardo De Filippo potè scrvere una delle sue più belle poesie/riflessioni “ambientaliste”. Si Chiama “l’imputata” ed è del 1973: Ecco il testo di quella poesia. «Cara còzzeca, tu staie nguaiata», dicette ‘o magistrato. «’O fatto è chisto, ccà nun te salva manco Giesù Cristo: o l’ergastolo, o muore fucilata. Qua ci sono le prove, figlia mia… Tu hai portato il bacillo del colera: la tua presenza è una presenza nera, ‘a ggente more all’erta mmiez’ ‘a via. Che dici a tua discolpa?» «Ecco, vedete… Affunn’ ‘o mare ‘a còzzeca s’arrangia», dicette l’imputata, «e lo sapete… Là sotto, Presidè, pare l’inferno! Chello c’arriva, ‘a cozzeca se mangia: si arriva mmerda, arriva dall’esterno». Francesco Carta

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