Il Partigiano Nero: la storia di Giorgio Marincola

marincola

«Sento la patria come una cultura e un
sentimento di libertà, non come un colore
qualsiasi sulla carta geografica… Patria
significa libertà e
giustizia per i Popoli del
Mondo.
Per questo combatto gli oppressori»
(Giorgio Marincola a Radio Baita, gennaio
1945)

Giorgio Marincola nasce nella Somalia Italiana dal maresciallo maggiore di fanteria Giuseppe Marincola e da Askhiro Hassan, somala della cabila Abgal. Contrariamente alle usanze dell’epoca, il padre riconobbe il figlio meticcio e lo portò in Italia.
A Roma, Giorgio frequentò il regio liceo Umberto I e per due anni scolastici ebbe come professore di Storia e Filosofia il militante azionista Pilo Albertelli, morto nell’eccidio delle Fosse Ardeatine. Nel 1941 si iscrisse alla facoltà di Medicina, con l’intenzione di specializzarsi nelle malattie tropicali, per poi tornare a lavorare nel suo paese d’origine.

Nell’autunno 1943 entrò a far parte di un gruppo di partigiani legato al Partito d’Azione, dopo la liberazione di Roma, nel giugno 1944 si arruolò nello Special Operations Executive e partì per la provincia di Brindisi, dove ricevette l’addestramento militare in diverse basi alleate.

Il 17 gennaio 1945, fu imprigionato da un reparto di SS nel carcere di Biella e da lì trasferito a Villa Schneider, pre
sso il comando della polizia militare tedesca. Qui lo costrinsero a parlare durante una trasmissione di Radio Baita. Come già successo ad altri partigiani catturati, Giorgio avrebbe dovuto denigrare la Resistenza; scelse invece di esaltarla, scagliandosi c
ontro il regime fascista. In seguito a questo episodio, i nazisti lo trasferirono nel carcere “Le Nuove”, a Torino, e poco dopo, tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo, nel Lager di Bolzano.

Quando gli alleati liberarono il lager, il 30 aprile 1945, Marincola decise di raggiungere la Val di Fiemme, dove i partigiani e la popolazione temevano ancora rappresaglie da parte dell’esercito nazista in ritirata. Venne fermato e ucciso a un posto di blocco, nei pressi dell’abitato di Stramentizzo,
il 4 maggio 1945.

Morì insieme ad altri 20, tra partigiani e civili, nell’ultima strage nazista sul territorio italiano.

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