Israele: alle urne in sei milioni, i sondaggi danno in testa il partito di Herzog e Livni, Campo sionista

Elections billboard in Tel Aviv

A poche ore dal voto, il centrosinistra di Isaac Herzog, ‘Campo sionista’ secondo i sondaggi è in testa, staccando di quattro punti il Likud del premier Benyamin Netanyahu. Al terzo posto, e si tratta di una novità importante, la ‘Lista araba unita’ con 13 seggi.

Se gli ultimi sondaggi fossero confermati – ha scritto Haaretz – “le chance per Herzog di formare il prossimo governo si accrescono grandemente”. Una tendenza mostrata anche da un altro dato del test. Secondo cui, Herzog – figlio del sesto presidente del paese e nipote di un influente rabbino, tanto che la sua famiglia viene soprannominata ‘Kennedy di Israele ‘ – sta colmando il distacco che lo separa ancora da Netanyahu nella percezione della gente come miglio primo ministro. Novità importante è il terzo posto della ‘Lista araba unita’ guidata dal leader Ayman Odeh, al suo esordio sul piano nazionale. Se il sondaggio e’ confermato dal voto, la ‘Lista araba’ sorpassa di un seggio partiti importanti dello schieramento centrista ma anche di destra del parlamento israeliano, come ‘C’e’ futuro’ di Yair Lapid e anche la destra nazionalista e religiosa di ‘Focolare ebraico’ di Naftali Bennett, vicino ai coloni. Infine, il sondaggio segnala il possibile mancato raggiungimento della soglia elettorale da parte di Avigdor Lieberman, attuale ministro degli esteri e esponente della destra.

In palio 120 seggi della Knesset, 25 i partiti in lizza
In lizza ci sono 25 partiti, comprese molte liste minori, ma quelle che possono aspirare a superare la soglia elettorale di sbarramento (3,25%) sono, secondo gli attuali sondaggi, sostanzialmente 11. In palio ci sono i 120 seggi della Knesset, unica rappresentanza parlamentare del paese, giunta alla sua 20esima legislatura.

A 9 seggi di distacco dopo Campo sionista, Likud e Lista araba unita c’è la nuova formazione di centrodestra ‘Kulanu’ (Noi tutti), guidata da Moshe’ Kahlon ex Likud. Dopo questa, a 8 seggi, i religiosi di Shas e, a 6 seggi, ‘Uniti nella Torah’, altra lista di religiosi. A 5 seggi, sia la sinistra di ‘Meretz’ sia la destra nazionalista di ‘Israel Beitenu’ (Israele casa nostra) dell’attuale ministro degli Esteri Avigdor Lieberman. Fuori sbarramento elettorale resterebbero, allo stato attuale, tutte le altre liste. I seggi elettorali, circa 10mila (2.700 per gli infermi), apriranno alle 7 locali di martedì 17 (le sei in Italia) per chiudersi alle 22 (le 21 in Italia)

Netanyahu mette le mani avanti, in un’intervista al Jerusalem Post ha dichiarato nei giorni scorsi che se la differenza tra Likud e Unione sionista aumenterà “Herzog e Livni diventeranno a rotazione primi ministri di Israele con l’appoggio dei partiti arabi”. Secondo il premier una sconfitta del Likud comporterebbe un cambio della politica di Israele, “piu’ debole” sia sul dossier Iran che su quello palestinese: “La nostra sicurezza e’ a rischio, c’e’ un pericolo se dovessimo perdere queste elezioni”, ha detto.

Contro Bibi e la sua politica sull’Iran è scesa in piazza addirittura una leggenda, una delle teste più raffinate di Israele, l’ex capo del Mossad Meir Dagan

L’ex ramshad (capo del servizio segreto ritenuto uno dei più efficaci al mondo), 70 anni, l’uomo che secondo gli analisti ha reinventato il servizio segreto di Israele dopo un passato militare da leggenda nei corpi speciali, ha galvanizzato piazza Rabin a Tel Aviv il 7 marzo contro il premier e contro la destra di governo. Per lui un bagno di folla di oltre 30 mila persone che hanno piu’ volte gridato in coro ‘Bibi a casa. Un spettacolo inusuale per Israele: un atto di accusa contro il primo ministro da parte dell’ex capo di una istituzione cardine del paese, famosa in tutto il mondo. Tanto più che Dagan – alla guida degli 007 israeliani per quasi un decennio – ha ricoperto il ruolo anche durante la premiership di Netanyahu. Da sempre contrario a un intervento militare contro l’Iran, Dagan – chiamato nell’agosto del 2002 da Ariel Sharon a ‘rivitalizzare’ il Mossad e a mettergli ”il coltello fra i denti” – questa volta ha mandato in visibilio la platea del centro-sinistra israeliano nella piazza che è storicamente il luogo simbolo della ‘colombe’. Ha detto chiaro e tondo che Israele è alle prese con la sua peggiore crisi di sempre a causa della leadership di Netanyahu e ha raccolto una valanga di applausi mostrandosi persino insolitamente emozionato. Parlando a bassa voce e senza artifici oratori ha spiegato: “Nessuno nega che il programma nucleare dell’Iran sia una minaccia, ma scendere in guerra con gli Usa non è certo la maniera per fermarlo”. E ancora, ”Israele è circondato da nemici. Ma non sono loro che mi fanno paura. Io sono preoccupato dalla nostra leadership”, ha insistito denunciando anche lo stallo negoziale con l’autorità palestinese.

A Dagan si è aggiunta anche un’altra figura che finora non ha avuto nulla a che vedere con la politica, Yuval Diskin, ex capo dello Shin Bet (il servizio di sicurezza interno israeliano). Diskin ha attaccato Netanyahu con le medesime argomentazioni usate da Dagan.

La vera sorpresa di queste elezioni arriva dalla Lista araba unita, che, stando ai sondaggi, si candida a entrare nella Knesset con 13 seggi. Il leader è un avvocato di Haifa, Ayman Odeh,.

Nel prossimo parlamento israeliano gli arabi potrebbero essere la terza o quarta forza come numero di seggi, e se ci riusciranno il merito sarà in buona parte di Odeh. La sua forza non risiede solo nella travagliata ma infine trovata unita’ elettorale degli arabi di Israele (circa 1,5 milioni), quanto anche nella sua storia. Quasi sconosciuto fino ad oggi al grande pubblico israeliano, Odeh e’ di Haifa, nel nord di Israele, citta’ considerata tra le piu’ integrate nelle sue tre componenti fondamentali: ebraica, araba, cristiana. E’ un laico che ha alle spalle una famiglia di tradizione comunista, anche se oggi lui stesso si definisce – come ha spiegato ai media – ”socialista e democratico”: due concetti che ci tiene a mantenere separati. Il volto nuovo della lista araba unita si e’ fatto le ossa nel consiglio comunale della sua citta’ natale tra il 1998 e il 2005, poi e’ diventato segretario generale di ‘Hadash’: partito che si definisce arabo-ebraico, non sionista, e la cui maggioranza di leader ed elettori sono arabi israeliani. Il risultato maggiore di Odeh e’ stato quello di saper unire ‘Hadash’ con gli 3 altri partiti arabi (‘Balad’ ‘Lista Unita’ e ‘Taal’) in un fronte comune dalle grandi aspirazioni elettorali.

Kahlon in ascesa, potrebbe essere arbitro fra premier e Herzog

Moshe Kahlon – un uomo politico pressoché sconosciuto fuori da Israele, nato nel 1960 in un villaggio di pescatori – sta lottando per aggiudicarsi la posizione di arbitro se la competizione fra Likud e Campo sionista si concludesse in un pareggio di fatto. Per il premier in carica, dal cui partito Kahlon – ex ministro delle Telecomunicazioni – è fuoriuscito per creare una sua lista di centro-destra aperta ai temi sociali, si tratta di una sfida in più. ”Bibi (Netanyahu)? Buji (Herzog)? Saremo noi a decidere in quale governo entrare! E’ un’occasione irripetibile, non lasciamocela sfuggire”, ha proclamato. ”Cosa vogliamo? Un governo di destra? Un governo di sinistra? No, vogliamo un governo sociale. Saro’ il primo ministro israeliano delle Finanze in Israele impegnato interamente al sociale. Ho il fuoco nelle vene. Sono determinato a distruggere le ingiustizie: cosi’ come negli anni ’70 Menachem Begin inizio’ a fare, prima cioe’ che il Likud perdesse la strada”. Kahlon e’ una versione locale del ‘ragazzo della via Gluck’. A 12 anni faceva il pescatore.

Shafir ‘la rossa’, Netanyahu vende solo paura
Stav Shafir, la 29enne ‘star’ laburista conosciuta come ‘la rossa’ sia per il colore dei capelli, sia per il fervore dei suoi interventi, lo dice apertamente: I giorni al potere di Benyamin Netanyahu sono contati: “La sua politica si basa sulla paura. Sollevare i timori, in politica, può essere uno strumento forte. Ma noi pensiamo che gli israeliani meritino qualcosa di molto meglio. La nostra è una politica di speranza, una politica di soluzioni. E in questo testa a testa abbiamo buone probabilità di avere la meglio”. Shafir nel 2011 è stata alla guida degli ‘indignati’ impadronitisi del centro di Tel Aviv, e dal 2013 alla Knesset.

ANSA

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