«Sono testimonianze sofferte, intime. Ma anche molto significative, come quella del dipendente Itavia che ci fa capire come l’ipotesi del cedimento strutturale del Dc 9 nel cileo sopra Ustica non avrebbe mai dovuto neanche essere presa in considerazione. Già dalle prime ore anche a Bologna c’erano tutti gli elementi per capirlo».
Per capire cioè che il 27 giugno 80 fu un missile a fare strage di 81 civili.
Un missile peraltro ancora senza nazionalità, anche se ora si aprono scenari nuovi dopo che la Francia ha dato il via libera alla rogatoria per interrogare alcuni militari della base corsa di Solenzara, come anticipato mercoledì da l’Unità.
Quando all’Istituto storico per la Resistenza Parri hanno deciso di dare corpo alla nuova idea dell’Associazione parenti vittime della strage di Ustica – realizzare video interviste sui primi giorni successivi all’abbattimento del volo Bologna Palermo – «nessuno di noi cercava la pistola fumante» assicura Andrea Benetti, insieme a Daria Bonfietti motore dell’Associazione e del suo tenace lavorìo per la memoria della strage.
E però già la prima decina di racconti di chi tra giovedì e ieri ha bussato al portone di via S.Isaia porta novità importanti, disegna un quadro chiaro. La speranza dell’Associazione è che altre voci si aggiungano per raccontare “dal basso” un pezzo di storia – «uno degli episodi più inquietanti della nostra vita nazionale», l’ha definito ieri il presidente Giorgio Napolitano in occasione del 34° anniversario della strage. «Sì, ci hanno contattato anche dei militari». Il tam tam sulla nuova iniziativa è partito in sordina «solo qualche giorno fa – precisa il direttore del Parri Luca Alessandrini -, dunque non era scontato che ci fosse già una risposta di questo tipo».
Per ora si sono presentati parenti delle vittime, figli e fratelli, da Palermo, Roma, Padova e Bologna. E due ex dipendenti dell’Itavia, la compagnia aerea dell’imprenditore Davanzali poi rovinata dalla falsa tesi di un incidente dovuto a problemi del mezzo. Uno di loro fissa la videocamera e ricorda quel 27 giugno del 1980 quando toccò proprio a lui adoperarsi per tranquillizzare alcuni passeggeri del Dc 9 in partenza da Bologna per Palermo, persone spaventate perchè al primo volo. Li aveva rassicurati lodando l’efficienza del mezzo e la bravura dell’equipaggio.
Sono i punti su cui si concentra anche l’altra testimonianza interna alla ex compagnia. Un resoconto più tecnico, sulla preparazione dell’aereo in vista del decollo e su tutte le comunicazioni con Palermo: il mezzo, precisa, «aveva superato tutti i controlli possibili e immaginabili» proprio nell’ultimo mese. L’ex dipendente di stanza a Bologna ricorda poi «perfettamente», la competenza dell’equipaggio del Dc 9 poi inabissatosi nel mare di Ustica, uno dei migliori, dei più preparati e prudenti. Il pilota in particolare era talmente attento e scrupoloso che avrebbe segnalato anche una lampadina fuori posto. È per tutti questi motivi che entrambi fin dall’inizio non hanno dubbi, a far sparire il Dc 9 dai radar è stato «un evento esterno».
Il “tecnico” aggiunge un particolare non secondario: di tutta la documentazione sui controlli passati regolarmente dal Dc 9 lui fornisce copia alla magistratura già il giorno dopo la strage. Non solo: sempre nei giorni immediatamente successivi, qualcuno da Ciampino gli fa vedere il tracciato che poi sarebbe rimasto l’unico documento dell’Areonatica sulla strage. I due dipendenti insomma hanno da subito la certezza che non si è trattato di un incidente, e ricordano la loro perplessità per il fatto che per tanto tempo si discutesse di questo. Le parole dei primi parenti che si sono fatti avanti restituiscono invece lo smarrimento iniziale. Il malessere per quella definizione di aereo «disperso» che non dà subito loro la dimensione della tragedia. Il dolore, che «34 anni dopo fa sentire loro l’urgenza di parlare, direi quasi la necessità», nota Alessandrini. Anche per questo le video interviste saranno accessibili come ogni altro materiale dell’archivio dell’Associazione presso il Parri, ma comunque su richiesta, senza una pubblicazione on line.
Difficile del resto trovare pace quando «c’è ancora bisogno di verità», come ha ripetuto Bonfietti ieri alla commemorazione a Bologna. Un bisogno sostenuto dal Capo dello Stato nel suo messaggio all’Associazione: «Comprendo e condivido il rammarico per la mancanza di una esauriente ricostruzione delle responsabilità, occorre ogni sforzo possibile, anche sul piano internazionale». Bonfietti e il sindaco di Bologna Virginio Merola rilanciano: «Il semestre di presidenza Ue è una chance storica, Ustica ne diventi un tema». Il Guardasigilli Andrea Orlando assicura: «La ricerca della verità è un dovere morale, seguirò gli sviluppi con attenzione».
l’Unità 28 Giugno 2014
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