Novant’anni dell’Unità | L’intervista di Gigi Proietti, Loy, De Gregorio, Paolini, Vecchioni….

Io di staffette ne ricordo molte.
Ci sono quelle partigiane, quelle degli autisti alla guida dei camion, quelle delle scorte della polizia, quelle delle auto della stradale con gli autobus in gita.
Le staffette nella corsa tra centometristi.
Le staffette dei messaggeri in guerra, che in tempo di pace diventavano i postini d’altri tempi.
E poi ci sono i turni degli operai, tra il giorno e la notte, con quei turni che cominciano sempre col freddo, alla mattina presto o alla sera… sarà una staffetta anche al bar, col primo caffè prima di entrare e con l’ultimo di chi esce.
Ciò che accomuna tutte le staffette è che ‘è sempre qualcuno che comincia qualcosa dove è arrivato qualcun altro che lo ha preceduto. E non è un caso che “ciò che ci si scambia” – quella metaforica asticella – è anche detta “testimone”, ovvero quel qualcosa che è presente nel prima e nel dopo.

In questo tempo di staffette, anche generazionali, cadono i 90 anni di un giornale, l’Unità, che come un testimone ha attraversato un secolo a cavallo di due secoli, passando di mano in mano, di giorno in giorno, tra epoche differenti e ideologie e paesi e società che non conosciamo più.
Un giornale nato in clandestinità, che ha tenute insieme persone accomunate da sogni e idee, durante il fascismo e durante la guerra e durante la “guerra civile” (chiamiamola col suo nome!).
Dalla resistenza ha raccontato ed ha contribuito alla nascita della Repubblica, ne ha raccontato la storia, analizzato le contraddizioni, tenuta insieme l’opposizione, e fermato e condannato “da sinistra” le derive degli anni di piombo.

Il mio bisnonno era socialista. Capitano del porto di Bari. L’unico in tutta Bari che lavorava non solo senza essere iscritto al PNF ma anche con la tessera del Partito Socialista in tasca. Senza di lui le navi in porto non potevano entrare, specie quando il porto venne minato.
Aveva sette figli. Tra questi appunto mio nonno. Che cominciò a lavorare come impiegato a sedici anni in un’azienda di trasporti, e non si è più fermato per 52 anni.
Quando la capitale d’Italia venne stabilita temporaneamente a Salerno, la sua azienda faceva la “staffetta notturna”: il celerissimo Bari-Salerno con dentro, manco a dirlo, tra le altre cose le copie appena stampate de l’Unità.

Si può dire che con quei racconti è nato il mio rapporto con questo giornale, del tutto intimo, personale, soggettivo, fuori dalle logiche di massa, di classe e delle folle oceaniche.
Poi ci sono state le lotte studentesche, le videocassette del sabato, la prima grande crisi del giornale, che veniva dopo la grande trasformazione della bolognina, in cui anche senza capire bene nè sino in fondo un intero popolo, nella staffetta di generazioni che facevano fatica – già da allora – a capirsi ed a parlarsi davvero, si strinse attorno ad un’idea, ad una fase, alcuni ad un lutto, altri ad una speranza.
E chi l’avrebbe detto che un giorno su quel giornale ci avrei scritto paginate intere…

Quel giornale è ancora lì. Con le sue pagine storiche, con quelle critiche, con quelle che hanno diviso, e soprattutto con quelle che hanno unito, anche provocando un dibattito acceso. Nello spirito di un titolo “Unità” che è sempre stato “la via maestra” – come scriveva Gransci – per chiunque voleva essere parte o classe dirigente si questa storia.
Il solo fatto che quel giornale sia lì ne fa “il testimone” per la staffetta continua del nostro percorso comune, che unisce ciò che è stato, la nostra storia personale e collettiva, e ciò che deve essere.
Alla staffetta sociale, politica, per i giornali e per il mondo dell’informazione si associa oggi quella tecnologica, delle sfide del web, e di un’informazione crossmediale, che cambia il come ma anche il contenuto della notizia, spesso lasciando poco spazio alla riflessione ed all’approfondimento.
E tocca “ai vecchi giornali” far ripensare invece a queste cose come valore.
Il mio augurio a l’Unità è che recepisca questa sfida, e criticamente la vinca. Perché non è solo una sfida per un giornale o per l’informazione, ma è una sfida sociale e culturale per le generazioni future.

L’Unità
articolo di Michele Di Salvo

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