Nuovo record di fallimenti aziendali

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Il Pil, in calo dello 0,5% su base annua, non è l’unico dato negativo del primo trimestre dell’anno. Tra gennaio e marzo 2014 e secondo i dati del Cerved, le imprese che hanno dovuto chiudere i battenti sono state 3.811 (+4,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente), anche se chi ha condotto la ricerca ha rilevato un calo delle chiusure aziendali con forme diverse dal fallimento. “Nel primo trimestre 2014 si contano in tutto 23mila chiusure aziendali – commenta Gianandrea De Bernardis, amministratore delegato del Cerved – il 3,5% in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Questo miglioramento è attribuibile alla diminuzione delle liquidazioni volontarie, che hanno fatto registrare un calo del 5%, e delle procedure non fallimentari (-1,4%)”, che hanno compensato il continuo aumento dei fallimenti.
Inoltre, complici i correttivi introdotti dal ‘decreto del fare’, che consentono la possibilità per i Tribunali di nominare un commissario giudiziale che monitori la condotta del debitore, il ricorso al pre-concordato è diminuito rispetto a quanto avveniva in passato: nel primo trimestre del 2014, le domande presentate sono state infatti 800 (-48% su base annua). Discorso diverso per i fallimenti, cresciuti – ad eccezione del Nord-Est del Paese (-1,8%) – su tutto il territorio nazionale. Nello specifico: Nord-Ovest (+3,7%), nel Mezzogiorno e nelle Isole (+5,7%) e nel Centro (+10,3%). “A soffrire maggiormente – ha osservato De Bernardis – è il settore dei servizi (+7,3%) e quello delle costruzioni (+6,3%). Ancora in leggero rialzo la manifattura (+0,8%), anche se segna una decisa frenata rispetto ai dati dell’ultimo trimestre 2013”.
Anche evitando la chiusura, le imprese italiane devono fare comunque i conti con una pressione fiscale in crescita. Secondo uno studio dell’Osservatorio permanente della Cna, che ha preso in esame la tassazione per un’impresa artigiana in 112 comuni italiani, il peso totale del fisco sulle piccole e medie imprese italiane è cresciuto – in media – del 4%, passando dal 59,1% rilevato nel 2011 al 63,1% del 2014.
L’indagine, condotta su un’impresa tipo con un fatturato di 431 mila euro, rileva che la pressione tributaria maggiore si registra a Roma, passata dal 65,7% del 2011 all’attuale 74,4%. Distanti, anche se di poco, Bologna (dal 64,6% al 74,2%) e Reggio Calabria (dal 62,4% al 74,2%). Mentre l’incremento maggiore si è registrato a Firenze: +10,2% (dal 63,9% del 2011 al 74,1% di oggi).

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