Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo? Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti. Antonio Gramsci 11 febbraio 1917

Fate girare la voce:
questo non è l’ultimo numero

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Perdonate l’ostinazione, ma quello che avete tra le mani “non” è l’ultimo numero dell’Unità. Lo dicono, lo chiedono, lo pretendono i lettori che da ieri stanno scrivendo senza sosta, ma anche le persone che ti fermano per strada per dire che non può finire così. Che non finirà così. Il più emozionato è il tecnico di Uno Mattina che ci raggiunge nei corridoi per mostrare il braccio con la pelle d’oca: se ci penso mi viene anche il groppo in gola, dice. Un altro è Giuseppe, vecchio diffusore che telefona a Rai Tre per dire al mondo intero che lui ha passato una vita a vendere copie, casa per casa, e che una notizia così non la digerisce proprio, «perché l’Unità è un giornale da difendere, non da chiudere». Luigi, psicoanalista, sa bene come gestire i mali dell’anima (altrui) eppure si arrende e confessa: io stamattina mi sono svegliato con un dolore dentro. Anche il giornalaio dell’angolo, sempre incazzoso, questa volta si scioglie: ero abituato a riceverne poche copie, è vero, ma adesso…

Unità

Già, adesso. Stando ai liquidatori, che ieri hanno incassato il no a sorpresa dell’assemblea dei soci a un piano di rilancio (proposto dal socio di maggioranza e sostenuto da poligrafici e giornalisti), la palla, sotto forma di “domanda di concordato preventivo”, passerà ora a un tribunale che nominerà un commissario. A quel punto le cose potranno soltanto peggiorare o migliorare. Sembra banale, ma è così. Peggiorare, perché se nessuno si farà avanti, la strada obbligata sarà il fallimento e addio ritorno in edicola. Migliorare, perché a quel punto verrà meno l’assurda regola del 91% prevista dallo statuto della Nie che ha paralizzato ogni tentativo di rilancio della società e della testata. Sarà il commissario e lui solo a decidere il peso e il valore delle offerte che arriveranno: niente più giochi o sgambetti e questo è già qualcosa.

Arriveranno altre offerte? Ieri abbiamo saputo che Matteo Fago rilancerà la sua, quella che è stata fermata martedì dagli altri soci e che verrà ripresentata in forma riveduta e corretta (leggi “rinforzata”) perché questo chiederanno i liquidatori a chi vorrà sottoporsi, non più al giudizio di un’assemblea della Nie, ma a quello di un commissario. È una notizia importante perché apre uno spiraglio, anzi due. Il primo, che si potrebbe innescare una corsa al rialzo in cui vince chi offre di più, non solo in termini di soldi, ma anche di garanzie per lavoratori e azienda. Il secondo, da non trascurare, che in questo modo si chiuderebbe la porta a chi, giocando sul filo del fallimento, potrebbe pensare di prendere il nome della testata, e solo quello, per un pugno di euro. Una specie di asta nelle mani di un giudice o di un commissario: è questo il destino che attenderà l’Unità nei prossimi mesi? Probabilmente sì e che vinca il migliore.

Nel frattempo, da domani il giornale non sarà più in edicola. Perché così è stato deciso dopo la sciagurata assemblea di martedì che ha confermato le ormai insanabili spaccature all’interno di una società con molti debiti ma senza più un’anima. Perché solo così si spiega il “coraggio” di non accettare il piano di rilancio e mandare casa ottanta lavoratori che da tre mesi, fino a ieri, hanno lavorato senza stipendio pur di non far mancarel’Unità dalle edicole. E solo così si spiega la scelta di non far nulla di concreto per tenere viva la voce storica e di riferimento dell’intero mondo della sinistra.

Sì, martedì 29 luglio è stato compiuto un delitto, eppure siamo sempre più convinti che quello che state leggendo non sia affatto l’ultimo numero dell’Unità. Per una serie di ragioni, importanti e d’autore, che troverete in tutte queste pagine. E perché questa testata testarda ha più volte dimostrato di sapersi risollevare da crisi ancora più dure e difficili.

Spero mi perdonerete se, ancora una volta, mi fermo a citare chi, in questi mesi davvero difficili, ha reso tutto più facile e persino normale. Parlo dei colleghi giornalisti e poligrafici che da maggio a oggi hanno lavorato senza uno stipendio e nemmeno un futuro. Li abbraccio uno per uno, prima di ringraziare tutti voi che ci avete seguito e sostenuto ogni giorno con passione. E che, ne sono sicuro, continuerete a farlo. Rivediamoci presto.

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