Padri, figli, nipoti – 1 – L’assemblea e gli oratori Pubblicato il 13 giugno 2016 da Franco De Anna

democraziagrma

“…La più adatta a distinguere i propositi di più alta utilità, dopo ascoltati gli oratori, è la maggioranza”.Le parole di Tucidide (Tucidide, VI, 39) rappresentano una sorta di paradigma fondativo della più comune interpretazione di cosa sia la democrazia.

Occorre certamente tenere conto della apologetica che anima le parole di Tucidide (basti pensare alla sviolinata dell’orazione di Pericle…). Ma soprattutto occorre considerare la lunga storia della falsificazione critica di tale paradigma della superiorità democratica del responso della maggioranza, che collega argomenti, autori, epoche assai diverse e anche molto distanti: dal Platone del processo a Socrate al Cristo della maggioranza che sta con Barabba, dal Dostojevskj del Grande Inquisitore.. a….Luciano Canfora (!!)

L’intera storia della filosofia e della scienza della politica è contrassegnata dalla provvisoria declinazione dei due principi fondamentali, ereditati dai Greci, della isonomia (l’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge) e della eunomia (buon governo); o se si vuole, in parallelo, della declinazione di demos (popolo) e di cratos (potere). In parallel,o ma più tardi, comparirà la individuazione di equilibri, contrappesi di poteri, e forme adeguate per interpretare quel paradigma fondativo nel contesto degli Stati moderni.

Ad ogni attraversamento di faglie storiche si porrà la necessità di rivedere, adeguare, reinterpretare in processi mai lineari e mai pacifici, ma sempre segnati dal compromesso, dalla ricomposizione, dalla interpretazione di conflitti ed interessi divergenti.

Ciò vale in particolare nelle fasi drammatiche di passaggio storico: la sedicente hegeliana presunzione-presuntuosa, della razionalità del reale è solo rappresentazione tranquillizzante ex post di processi e conflitti radicati nella materialità della vita di masse e popoli che trovano transitorie ricomposizioni; transitorie nel senso dei tempi storici delle transizioni delle formazioni storico-sociali. Un vecchio cane morto sosteneva che le fasi di transizione storica sono proprio contrassegnate dalla contraddizione tra le rappresentazioni istituzionali formali e i processi di appropriazione reale; è il K.Marx dei Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica.

L’assemblea e gli oratori

Se, per comodità di argomenti, volessimo adattare le parole di Tucidide all’oggi dovremmo considerare tutti i cambiamenti che lo sviluppo storico, fatto di lacrime e sangue non solo di carte o dichiarazioni, ha prodotto o sta producendo nella assemblea e negli oratori, dove dovrebbe esprimersi il criterio/primato della maggioranza, con tutte le correzioni e contrappesi che la storia della politica ci ha consegnato.

Mi si dirà: ma stiamo parlando dello Stato moderno! Appunto. Se c’è una fase storica nella quale lo Stato (statico) è investito da una dinamica che ne contraddice a fondo la transitoria staticità è quella che stiamo attraversando. Invece di stato potremmo dire l’assemblea per la quale sono state messe a punto le misure formali di interpretazione dell’isonomia e le condizioni di esercizio dell’eunomia, riassunte nelle Carte Costituzionali.

L’assemblea cambia dimensioni, confini, perimetro, profondità. I cittadini (ma di quale città?) devono misurarsi quotidianamente con ambiti di decisione che non sono più quelli riconosciuti nelle Carte.

Decisioni sovra- e sotto- statuali assunte attraverso processi che non interrogano l’assemblea. E tale assenza di interrogazione proviene sia da un disegno politico di neo aristocrazie (argomento caro a chi indulge verso la dimensione delle congiure internazionali dei poteri forti, come se fossero una scoperta recente), sia dalla effettiva inesistenza storica di strumentazioni consolidate per pervenire alla applicazione assennata del principio di maggioranza.

Una gran parte delle decisioni internazionali globali, per esempio, è assunta attraverso strutture, organismi e pratiche di governance che non investono gli Stati nazionali in quanto tali…i quali semmai ratificano ex post…

Sabino Cassese scrive, con grande efficacia di governance without governament. Suggerisco la lettura di Chi governa il mondo (Il Mulino, Bologna, 2013), ma anche, dello stesso autore, L’Italia: una società senza Stato (il Mulino, Bologna, 2012).

Lascio ai cultori dei fantasmi della congiura internazionale della reazione dei poteri finanziari in agguato la frustrazione della nostalgia dello Stato nazionale come garanzia di diritti. Ma davvero sarebbe curioso, a questo proposito, esplorare dove siano e si ritrovino destra e sinistra.

Mi limito invece a segnalare, anche se con l’angoscia della fatica e il sudore della fronte, un campo storico di necessario rimescolamento delle Carte nel quale vi è da ridisegnare quello che Enrico Berlinguer chiamava un nuovo ordine mondiale. Una volta si sarebbe detto che in tale storico impegno sta l’identità della sinistra.

Ma non si può tacere, inoltre, del cambiamento degli oratori, dopo avere ascoltati i quali, l’assemblea decide a maggioranza. Potremmo sostenere, per semplificare l’argomentazione, che il secolo abbondante che segue la repressione sanguinosa della Comune di Parigi, sia caratterizzato dai tentativi, diversi e di diverso valore e significato, di costruire l’organizzazione capace di condurre all’assemblea gli oratori più efficaci per porla in condizione di perseguire l’eunomia.

Si tratta di un secolo abbondante di costruzione organizzata dei partiti politici, segnatamente di quelli di massa. Il tucidideo sentiti gli oratori, reinterpretato attraverso l’organizzazione dei partiti, ha creato lungo quel secolo la possibilità sia della partecipazione organizzata dei cittadini, sia della espressione organizzata degli interessi, sia delle mediazioni necessarie per perseguire il bene comune.

Ovviamente le potenzialità della storia sono sempre intrecciate nelle contraddizioni anche laceranti di quel secolo. Si pensi alle diverse identità/finalità acquisite dalle organizzazioni politiche. Ma quella forma di organizzazione politica, soprattutto nel caso dei partiti di massa, ha anche promosso le possibilità di specifiche e permanenti interrogazioni degli oratori, di partecipazione e verifiche, scelte alternative, mediazioni e composizioni e compromessi tra diversi interessi, prospettive, strategie.

Le Carte moderne nascono da quel processo, e quelle più antiche, come quella americana, si sono alimentate in quel processo. Ma quel processo, almeno nel nostro Paese è terminato, in modo esplicito e drammatico agli inizi degli anni ’90.

Si prenda come emblematico il 1992: fine sostanziale dei partiti (gli oratori) che avevano alimentato, nel bene e nel male, la politica della seconda parte del ‘900:

radicale modificazione dei rapporti tra magistratura e politica (Mani Pulite..);
attacco aperto (guerra allo Stato) della Mafia;
firma del trattato di Maastricht (cambia l’assemblea dei cittadini; ricordo che la firma è di Andreotti).
Nulla da allora è in realtà più come prima. Si pensi che il partito più vecchio che oggi siede in Parlamento è la Lega.

Ma non abbiamo rielaborato assennatamente quella fine. Basterebbe considerare come è stato affrontato il problema di dare corpo alle scelte di Maastricht che segnava la prima tappa di quel processo che avrebbe portato all’euro.

Il Paese, la sua dirigenza politica e culturale, ha seguito l’onda invece di disegnare percorsi. Ma non ho visto carri armati per le strade: dunque le responsabilità sia pur non eguali, sono distribuite orizzontalmente. Ciascuno ha la sua parte: chi è stato eletto e chi ha eletto.

Se gli oratori parlano non alla assemblea ma da schermi televisivi a singoli spettatori, apparentemente guardando ciascuno negli occhi, ma senza vederlo, annullando ogni intermediazione di confronto e discussione;

se si esprimono attraverso una organizzazione della comunicazione digitale e disintermediata, ma al prezzo di ridurre l’interlocuzione a scelte binarie (si/no, mi piace/non mi piace);
se si contrae fino ad annullarlo quell’intervallo tra stimolo e risposta che è tradizionalmente dedicato alla “riflessione” dell’interlocutore;
se così, e così velocemente, cambiano sia l’assemblea sia gli oratori;
possiamo pensare che rimangano inalterate le Carte che avevano dato forma/formale e garantita, per una intera fase storica, al principio tucidideo del sentiti gli oratori, l’assemblea decide a maggioranza?

Di quale garanzia, composizione equilibrata e contrappesi di poteri dobbiamo ragionare se tutto ciò è riferito ad una realtà radicalmente cambiata e soprattutto radicalmente e velocemente in via di cambiamento?

Capisco che la portata destabilizzante di tali processi sia inquietante. Ma essi hanno anche un effetto rivelatore importante: sono lenti di ingrandimento di microprocessi sotterranei che altrimenti vengono trascurati.

Per esempio viene trascurato il rapporto tra Costituzione come Carta consolidata e formalizzata (la nostra famosa sedicente costituzione più bella del mondo) e ruolo dei costituzionalisti come esperti e studiosi oltre che come giudici.

Bisognerebbe sempre ricordare che la prima, la Carta, viene prima dei secondi, i costituzionalisti. La lettura di qualche sentenza della Corte si presta a confermare tale considerazione. Anche per questo aspetto consiglio la lettura di un testo di Sabino Cassese, Dentro la Corte, Diario di un giudice costituzionale (il Mulino, Bologna 2015).

Franco De Anna

deanna (1)

Franco De Anna, classe 1946, ora in pensione, è stato uno degli animatori del primo movimento di Scienze a Milano nel 1968 (era a Scienze Naturali).

Dal 1999 sino agli anni più recenti ha fatto l’ispettore scolastico nella Regione Marche occupandosi tra le altre cose, sul piano nazionale, delle tematiche della autonomia e rendicontazione sociale della scuola. E’ stato segretario milanese, regionale lombardo e poi nazionale della Cgil Scuola. Ha diretto il centro studi della Camera del Lavoro di Milano, l’IRRSAR e l’IRRE. E’ autore di numerose pubblicazioni (libri e saggi su riviste specializzate).

Quando nel novembre 2008 ci siamo ritrovati per ricordare i 40 anni trascorsi dalla nostra esperienza di movimento Franco, ha tenuto la relazione introduttiva dedicata alle passioni generose di allora.

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