Un azzardo con troppi rischi (di Michele Prospero da l’Unità 20 01 2014)

Quale è l’obiettivo di sistema della riforma elettorale concordata al Nazareno? Più che l’inversione di rotta rispetto al Porcellum, un fantasma che non c’è più, la fretta nel siglare l’intesa sembra motivata dal bisogno di spezzare sul nascere le possibili suggestioni contenute nella nuova formula elettorale disegnata dalla Consulta. L’«azzardo» del Nazareno nasce dalla volontà di allontanare lo spettro della proporzionale (con voto di preferenza e sbarramento al 4 per cento).

Ma anche di scongiurare l’incubo di un pluripartitismo moderato, con 6 soggetti rilevanti rappresentati in aula. Il fine strategico dell’accelerazione è dunque il ripristino immediato delle condizioni di un bipolarismo sperimentato nella seconda Repubblica e ritenuto un prezioso bene minacciato. Le leggi elettorali incidono sulla configurazione del sistema e danno una loro impronta alla competizione. Ma è rischioso affidare alla semplice forza manipolativa della tecnica elettorale il compito di plasmare la struttura di sistema più gradita. L’assetto bipolare, se non è il prodotto di fratture storiche reali o l’esito della fisiologica polarizzazione delle grandi culture politiche, non può comparire come il prodotto artificiale di una imposizione costrittiva: il premio di maggioranza (riesumato in sfregio al rasoio della Consulta).

Una restaurazione del bipolarismo meccanico, che però è stato infranto dagli elettori con l’eccezionale risultato di Grillo a febbraio, palesa delle torsioni che poco si giustificano entro una democrazia matura. I due partiti che disegnano il nuovo congegno di trasformazione dei voti in seggi, insieme raggiungono solo il 45 per cento (appena una manciata di voti in più di quelli che in Germania raccoglie da solo il partito della Merker) e nessuna legittima vocazione maggioritaria può autorizzare l’adozione di calcoli egoistici e logiche punitive. Una riforma concepita non solo senza l’apporto del M5S ma addirittura contro il primo non-partito nella circoscrizione italiana, quello di Grillo appunto, lancia un segnale di arroccamento contro la «calata dei barbari» che potrebbe aggravare l’emergenza del sistema politico (anche alla luce della ottusa persistenza delle liste bloccate e quindi del rifiuto di riconoscere agli elettori un potere reale nella scelta dei deputati).
Ma oltre a cosa si fa, importante è appurare anche con chi si concordano le riforme. E il bersaglio principale delle manovre del Nazareno ha un volto inconfondibile, il nuovo centro destra. Come un Don Chisciotte che con la sua lancia lottava contro le armi da fuoco, così Alfano combatte con le sue truppe umiliate contro un gagliardo cavaliere ritrovato. E la prospettiva di ottenere con la sua armata ben altri risultati rispetto al cacciatore di mulini a vento si infrange contro la inopinata resurrezione di Berlusconi. Mentre la confluenza del Ncd e dei vari gruppi centristi a favore della classica proposta del Pd del doppio turno di coalizione è stata rigettata come una cosa irrilevante, l’avallo del Cavaliere è stato incassato come il solo regalo gradito. Solo l’assenso del Cavaliere legittima la riforma. Questa centralità simbolica e sistemica gli consente però di incassare un gratuito plusvalore politico.

Michele_prospero

Il dato politico più inquietante della piena sintonia annunciata con il «papi costituente» risiede proprio nella brusca interruzione di ogni velleità degli alfaniani di concludere vittoriosamente la loro ribellione al partito proprietario. L’investimento in un soggetto di centro destra tenuto in vita dai collanti di un cultura politica alternativa a quella del sinistra, e non dalla cieca dipendenza all’arbitrio di un capo che fa valere le logiche di impresa, di fatto è stato cancellato.
Non ha più munizioni per offendere Alfano, e l’unica soluzione che ora gli rimane è di contrattare le condizioni della resa onorevole con qualche ritocco al cosiddetto modello spagnolo (sopravvivere con una ripartizione nazionale dei seggi). La sua umiliante riconduzione all’ordine del capo, segna la sconfitta definitiva per ogni velleità di allestire una destra politica e un successo clamoroso per il Cavaliere e per la sua egemonia proprietaria. La soglia del 4 per cento è anch’essa un dono insperato: mentre infatti il Pd non ha alleati con la realistica possibilità di varcarla, Berlusconi ne ha almeno due. Sono troppi i rischi dell’azzardo.

A Berlusconi i voti dei cespugli servono per avvicinarsi al 35 per cento e incassare il premio. Lo sbarramento è quindi un ritrovato per lui favorevole: può richiamare in suo servizio la Lega, che non può sognare l’autonomia, e sottomettere Alfano (neppure Casini può superare l’8 per cento per correre da solo e non può allearsi con la nuova vocazione maggioritaria rivendicata dal Pd). L’appuntamento elettorale prenotato per il 2015 sembra una allucinante replica delle consultazioni del 2008. Alla tragedia rischia così di seguire la farsa.

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