Il difficile momento delle imprese

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Tanti sono i fattori che possono determinare la chiusura di un’impresa. Tra questi sicuramente giocano un ruolo determinante il calo dei consumi, che rende difficoltoso lo svolgimento dell’attività aziendale, e il peso del fisco, che in molti casi disincentiva nuove assunzioni o nuovi investimenti.

L’ultimo Osservatorio sulla demografia delle imprese curato dall’Ufficio studi di Confcommercio contiene un dato, che certifica il momento difficile delle aziende italiane: da gennaio ad ottobre del 2014, il saldo tra aperture e chiusure delle imprese attive nel terziario è negativo di circa 78 mila unità ed è in lieve aumento rispetto allo stesso periodo del 2013 (-76.489).
Il crollo dei consumi, influenzato dal calo del reddito pro capite disponibile (circa 2.700 euro in meno dal 2007), è risultato probabilmente determinante. Nell’arco degli ultimi tre anni, la spesa complessiva delle famiglie italiane è diminuita del 10,7%. Pari, osservano ADUSBEF e Federconsumatori, ad una contrazione sul mercato di oltre 78 miliardi di euro.
Una caduta dinanzi alla quale le imprese italiane hanno cercato di reagire. Ad esempio, offrendo alla clientela un maggior numero di prodotti in offerta. Tant’è che nel 2014 la pressione promozionale – ovvero la quota di prodotti in offerta sul totale – ha toccato il 30%, secondo una rilevazione di Confesercenti. Nel 2007 era al 22,4%.

Sforzi che, anche a giudicare dal saldo negativo tra iscrizioni e cessazioni registrato nel commercio al dettaglio alimentare e non (-25.600 unità), sono valsi a poco: i consumi, osserva l’Ufficio studi di Confcommercio, sono tornati ai livelli del 1997. Un balzo all’indietro di ben 17 anni e che ha costretto molte aziende a chiudere i battenti.
I (mancati) consumi non rappresentano tuttavia le uniche preoccupazioni per le imprese italiane attive nel terziario: il 94,1% di quest’ultime, secondo una recente indagine condotta da Confcommercio in collaborazione con Format Ricerche, sostiene infatti di avere crescenti difficoltà a fare fronte al peso della pressione fiscale, a causa della quale l’80% delle aziende ha dichiarato di aver rinunciato all’assunzione di nuovi addetti o a nuovi investimenti.
Mirko Spadoni
da Tmag.

(articolo pubblicato su Tgcom24 il 23 dicembre 2014)

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