L’industria aerospaziale in Italia (di Matteo Buttaroni da tmag)

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L’Italia è tra i Paesi più avanzati nel comparto aerospaziale. L’industria aerospaziale italiana, infatti, si posiziona al quarto posto in Europa e al settimo su scala mondiale. Dei 13 miliardi di euro di ricavi l’anno, oltre la metà (sette miliardi di euro) vengono dall’export. Il fatturato annuo si aggira intorno ai dieci miliardi di euro e il giro d’affari dell’intero settore è pari all’1% del Prodotto interno lordo. Le industrie dell’aerospazio danno lavoro a un numero compreso tra i 50 mila e i 60 mila dipendenti (di cui circa 20 mila sono ingegneri impegnati nel campo della ricerca e della produttività) e “coinvolgono” numerose Pmi e molte imprese di media grandezza.
Il fiore all’occhiello del settore è rappresentato da Thales Alenia Space Italia, join venture controllata al 67% dalla multinazionale francese dell’elettronica avanzata Thales e al 33% da Finmeccanica.

Come spiega Finmeccanica, Thales Alenia Space occupa ormai da 40 anni una posizione centrale nel campo delle maggiori tecnologie satellitari ad alta prestazione sia nel settore civile sia nella difesa. È un punto di riferimento mondiale nel settore dei sistemi satellitari per telecomunicazioni, monitoraggio dell’ambiente e del clima della Terra, difesa e sicurezza, esplorazione e ricerca scientifica. L’azienda tra le altre cose “ha fornito più della metà del volume pressurizzato della Stazione Spaziale Internazionale, inclusi i Nodi 2 e 3, i moduli logistici pressurizzati MPLM (Multipurpose PressurizedLogistics Modules), la Cupola e la struttura del laboratorio Columbus, nonché gli Integrated Cargo Carrier (ICC) per il veicolo ATV che trasportano i rifornimenti alla Stazione Spaziale. Realizza inoltre i moduli cargo pressurizzati (PCM) per la navetta di rifornimento Cygnus e si prepara a programmi futuri come prime contractor per i dimostratori di rientro IXV ed Expert per conto dell’ESA”. Da sola la Thales Alenia Space ha realizzato, nel 2013, un giro d’affari di due miliardi di euro e gli 11 siti industriali distribuiti in tutta Europa danno lavoro a circa 7.500 dipendenti.

Per conto dell’Agenzia Spaziale Italiana e del ministero della Difesa, Thales Alenia Space ha realizzato il sistema COSMO-SkyMed. Si tratta di un sistema satellitare avanzato per l’osservazione della Terra e per la gestione dei rischi ambientali, per la difesa e per la sicurezza. Il lancio dei primi quattro satelliti è andato a buon fine (il primo è stato lanciato nel giugno 2007, il secondo a dicembre 2007, il terzo nell’ottobre 2008 e il quarto nel novembre 2010). I problemi sono sorti con l’attuazione del programma Cosmo Sky-Med di seconda generazione che prevede il lancio di altri due satelliti con prestazioni più avanzate per garantire rilevazioni ancora più precise e quindi più funzionali. O meglio: prevedeva.

Il programma, infatti, è stato al momento sospeso per mancanza di fondi. Una situazione paradossale, viste le premesse, che rischia di affossare un settore di eccellenza per l’Italia. Lo stesso presidente e amministratore delegato di Tas Italia, Elisio Prette, si è detto da subito preoccupato perché “sussiste il rischio di ricadute su occupazione e impegni assunti a livello internazionale”. Rischi occupazionali che alla fine si sono verificati: l’azienda ha preannunciato di voler mettere in cassa integrazione tutti i quasi 400 dipendenti (degli stabilimenti di Roma, l’Aquila e Milano) che si occupano del progetto. I sindacati Fim, Fiom e Uilm dal canto loro chiedono che “non si avvii la procedura (di cassa integrazione, ndr) ritenendo necessario affrontare le criticità attraverso scelte industriali e gestionali che siano indirizzate al rafforzamento del settore spaziale nazionale e non attraverso soluzioni che avrebbero il solo risultato di disperdere capacità e professionalità essenziali per mantenere un ruolo di primo piano nei confronti del mercato”.

In attesa di risposte da parte delle istituzioni, i lavoratori intanto hanno incrociato le braccia per quattro ore nella giornata di mercoledì 18 giugno. Ovviamente, spiegano i sindacati in una nota, “il mancato finanziamento provoca effettivamente gravi danni e genera incertezze sulle attività produttive future. Le Rsu, il sindacato nazionale e territoriale chiedono quindi al governo, a Finmeccanica e all’Asi un deciso impegno a far sì che i finanziamenti vengano erogati rispettando il contratto già firmato di Cosmo e inoltre che il settore spaziale italiano di cui Tas-I è il maggiore attore industriale, riceva adeguata attenzione per poter conservare e incrementare la sua rilevanza economica, tecnologica e strategica fondamentale per il Paese”.

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