Riforma costituzionale: perché serve il limite di mandato (di Michele Lalla da la voceinfo)

assemblea costituente

La riforma costituzionale così come è stata approvata e l’Italicum rafforzano il centralismo e aumentano la governabilità. Il contrappeso per una simile preminenza governativa è il limite di mandato. Istituzioni che dovrebbero facilitare la partecipazione e la libertà preservata dalla collegialità.

Centralità del parlamento e governabilità

Il dibattito sulle riforme costituzionali diventerà sempre più incandescente con l’avvicinarsi del referendum confermativo. Vi sono pareri favorevoli e contrari, questi ultimi ben espressi da una enumerazione ricapitolante di Gustavo Zagrebelsky, su Il Fatto quotidiano.
Una riforma costituzionale dovrebbe seguire principi generali, come la centralità del parlamento, e non le contingenze specifiche, ma non le può ignorare. L’azione politica degli ultimi due decenni ha enfatizzato la realizzazione del programma elettorale. Le coalizioni si sono mostrate spesso inefficienti per resistenze, conflitti e cambiamenti degli alleati. In contrasto con le leggi vigenti, si pratica surrettiziamente l’elezione del presidente del Consiglio. Si può presumere, quindi, che qualunque riforma dovrà contemplare in qualche forma il problema della governabilità e ciò diventa necessario quando non c’è l’arte del dialogo e del compromesso. Zagrebelsky contesta questa tesi, ma l’area che sostiene il suoi punto di vista ha dimostrato di non approfittare di quell’arte che cerca il possibile bene collettivo. Più ci si arrocca nel programma e più diventa difficile governare, quando i numeri non lo consentono: lo dimostrano Italia e Spagna. Non c’è disponibilità a cooperare, forse perché ci sono molti vettori di interessi e pochi politici, molta autosufficienza e poca condiscendenza, molta impazienza e poca competenza.

Rischio potenziale e limite di mandato

Se nei progetti si scopre un rischio, non si può argomentare che è poco probabile che si verifichi, ma si deve operare per eliminarlo.
Con la riforma costituzionale e la legge elettorale (Italicum) può accadere che un solo partito prenda la maggioranza alla Camera, controlli il Senato e l’elezione del Presidente della Repubblica. In teoria, un presidente del Consiglio potrebbe ricoprire la carica per tutta la vita. È poco probabile, ma potrebbe accadere e si ricollega a uno dei punti di Zagrebelsky: temiamo l’uomo forte. Chi non lo teme, un giorno o l’altro, potrebbe diventare stolto per l’effetto perverso della storia: è più saggio evitarlo.
Ora, la riforma costituzionale approvata e l’Italicum sembrano cogliere il contingente politico, rafforzare il centralismo sottraendo alcune funzioni alle regioni, aumentare la governabilità. La direzione è discutibile, ma si assuma pure che la contingenza suffraghi tale necessità. Il contrappeso alla linea tendenziale di preminenza governativa, indipendentemente da quelli tecnico-giuridici, che dovrebbe essere sempre incluso in una riforma costituzionale che rafforzi il potere esecutivo, concerne il limite di mandato: “chi ricopre una carica o una funzione o un ruolo esecutivo per due mandati effettivi pieni (10 anni) in un certo livello di governo, non potrà assumere alcun altro ruolo o carica o funzione nello stesso livello”.
La regola è un po’ severa, ma protegge dal rischio che un giovane carismatico e potente (un Silvio Berlusconi trentacinquenne?) governi per quarant’anni. Dopo che ha terminato i suoi due mandati, non potrà essere più nemmeno parlamentare: deve stare fuori del parlamento. Potrà fare il presidente di regione o il sindaco per altri dieci anni, ma in parlamento no. In una versione più debole, la regola potrebbe essere applicata solo al presidente del Consiglio. La proposta è un contrappeso semplice che non confligge con gli altri e non li sostituisce. Se questa regola fosse stata introdotta nella riforma, e sarebbe stata introdotta se il Matteo Renzi capo del governo fosse stato coerente con il Matteo Renzi rottamatore, si potrebbe quasi votare “sì”. Purtroppo, non c’è e i rischi paventati permangono, lasciando una pesante eredità ai figli e al futuro del paese.

Obiezioni al limite di mandato

La proposta del limite di mandato scaturisce da considerazioni oggettive sulle due riforme, ma è anticonvenzionale e anti-paradigmatica e dà luogo almeno a due rilievi.
Il primo è che la limitazione di mandato c’è nel presidenzialismo, perché il presidente è eletto direttamente e ha molti poteri. Risposta: l’elezione qui è surrettizia e i poteri formali non sono diversi dai poteri di fatto, come quelli che la riforma attribuisce al presidente del Consiglio, i due sistemi diventano equivalenti.
La seconda obiezione sostiene che se capita di avere un uomo capace e utile per il paese, perché vietargli di servirlo? Risposta: un paese deve essere in grado di preparare dirigenti. Se ha bisogno del salvatore, allora è perduto. Ecco perché occorrono istituzioni che facilitino la partecipazione: una maggiore collegialità preserva la libertà. Dove la carica di presidente del Consiglio è ricoperta per molti mandati dalla stessa persona, si corre qualche pericolo in più. E non è salutare per la democrazia.

Si è laureato in Fisica a Roma. Si occupa di metodologia e statistica per la ricerca sociale e ha pubblicato su tecniche di campionamento, modelli statistici del mercato del lavoro, valutazione dell’attività didattica, insiemi sfocati, e analisi di dati biometrici e sanitari. Ha insegnato nelle Università di Palermo e Modena. È stato membro del Nucleo Tecnico di Valutazione di Ateneo dell’Università di Modena e Reggio Emilia dal 1999 al 2009. La posizione attuale è professore ordinario di Statistica Sociale presso quest’ultima Università.

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