IL SOGNO DEI PORTI INCROCIATI

«C’erano giorni, sull’Atlantico, senza una nuvola all’orizzonte, in cui il mare e il cielo erano dello stesso azzurro profondo. In quei giorni un sole tagliente illuminava masse d’acqua in tumulto, le creste candide delle onde si strappavano in brandelli di schiuma, la nave rollava su quelle enormi montagne d’acqua e un vento implacabile sollevava un pulviscolo di spruzzi che accendeva fugaci arcobaleni attorno alla prua.

Era quel genere di giorni per cui certe persone sarebbero pronte, sia pure in senso figurato, a dare la vita. Ma che la maggioranza darebbe qualsiasi cosa per evitare, non fosse altro che per paura della morte. O della vita. Era in uno di quei giorni che passarono l’isola di Salvore vicino all’insenatura del Ría Arousa, dove finalmente trovarono riparo dal vento. Le ultime ore di navigazione erano state grandiose, ma anche stressanti. Il vento non aveva smesso di rinforzare a poco a poco, ma con costanza, per tutta la mattina, fino a diventare una vera e propria tempesta intorno a mezzogiorno.

Le onde dell’Atlantico si erano gonfiate in mostri deformi che sballottavano qua e là la loro nave da tremila tonnellate come un tappo di sughero. Era una fortuna che viaggiassero a pieno carico, stivato e assicurato sottocoperta a regola d’arte. Se ognuno faceva quel che doveva, non c’era motivo di preoccuparsi.»L’#incipitboreale di oggi è tratto da «Il porto dei sogni incrociati», di Björn Larsson (trad. Katia De Marco): è nei porti, non più sugli oceani solcati dai pirati, che si svolge questo romanzo di Larsson, ambientato in un tempo che è il nostro, ma costruito con i ritmi da ballata delle ballate dei marinai.

I porti come luoghi del possibile, al confine tra la terra e la sterminata libertà del mare, dove il capitano, come lo scrittore, passa accendendo i sogni e la fantasia, spingendo a salpare per la fluida intensità della vita.

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